Il premio Nobel 2010 per la Medicina al fisiologo della riproduzione Robert Edwards

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Lo studioso britannico divenne noto in tutto il mondo, con la designazione di “pioniere della fecondazione in vitro umana”, a partire dalla sera del 25 luglio 1978, quando venne alla luce nei pressi di Manchester (UK)  la prima bambina “concepita in provetta”, Louise Joy Brown. Oggi la signora Brown è a sua volta divenuta mamma di un bambino, concepito naturalmente nel 2006.

Alla nascita di Louise contribuì anche il ginecologo Patrick Christopher Steptoe, morto nel 1988 a Canterbury senza vedere riconosciuto il suo ruolo, altrettanto decisivo, nell’introduzione della tecnica della fecondazione in vitro (FIV) e del trasferimento embrionario in utero (ET). 

Il professor Edwards aprì la strada all’applicazione clinica nei casi di sterilità di coppia mediante il trasferimento nell’utero della donna di un certo numero di embrioni, dopo che questi erano stati fatti sviluppare in laboratorio per qualche giorno, osservati attentamente al microscopio ed eventualmente selezionati, segnando uno dei capitoli più controversi della ginecologia, dell’andrologia e dell’ostetricia degli ultimi 30 anni.

I dati, trionfalisticamente riportati sulla stampa, parlano di circa quattro milioni di bambini nati attraverso la FIV-ET, ma non rendono ragione della realtà intera della fecondazione artificiale, della sua pratica e delle sue conseguenze. Per quanto le modalità di FIV, di coltura degli embrioni ottenuti e di ET si siano considerevolmente evolute rispetto a quelle introdotte da Edwards trent’anni orsono, il numero di concepiti che sono esposti al rischio attuale di non potersi sviluppare e di morire prima di potersi impiantare nell’utero della madre resta sempre elevato.

Per restare in Inghilterra, i dati più recenti resi disponibili dalla Human Fertilization & Embriology Authority (HFEA), che si riferiscono all’anno 2007, non lasciano spazio a equivoci: il numero di nascite per ciclo di FIV-ET è complessivamente pari al 23,7%, e oscilla tra il 32,3% per le donne con età inferiore ai 35 anni e meno del 12% per quelle oltre i 40 anni. 

La diffusione della pratica della FIV-ET (negli Stati Uniti, più di una nascita su cento è dovuta a questa tecnologia biomedica) ha introdotto anche una concezione eugenetica* del concepimento e della nascita, che solo le legislazioni di alcuni Paesi (come l’Italia) sono riuscite a contenere: la disponibilità per la manipolazione e l’analisi degli embrioni in vitro, prima del loro annidamento nell’endometrio materno, ha reso di fatto possibile la selezione dei concepiti rispetto alla loro “qualità” biologica, consentendo l’eliminazione fisica di quanti sono portatori di difetti o imperfezioni reali o presunti.”

(da Il Sussidiario.net http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=117237)

*(da Wikipedia) La parola eugenetica a rigore fa riferimento allo studio dei metodi volti al perfezionamento della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi (eugenetica positiva) e la rimozione di quelli negativi (eugenetica negativa).

Recentemente il termine eugenetica è stato anche ripreso da politici ed esponenti cattolici e conservatori per etichettare in modo negativo anche le tecniche di diagnosi preimpianto dell’embrione nei casi di fecondazione assistita e riguardo ai casi di aborto terapeutico.

L’ordinamento italiano, con la legge 40/2004, ha ritenuto in linea di principio inammissibili alcune pratiche in materia di procreazione medicalmente assistita:

« La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative »
(art.13 comma 2)
« Sono, comunque, vietati […] ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo »
(art.13 comma 3b)

Nella stessa ottica, la legge n. 40 del 2004, art. 1 e art. 4 comma1, vietano il ricorso alla fecondazione assistita ai portatori di malattie genetiche. La fecondazione è ammessa nei soli casi di sterilità e infertilità di uno dei partner.

1 commento

  1. Grazie per l’articolo!
    Non poteva non mancare sul blog!! 🙂
    Comunque si parla mto della morale di queste tecniche, e purtroppo la legge 40 è una legge che limita molto questa tecnica, tanto che molte coppie italiane (circa il 32%) si recano all’estero per usarla… Anche se in questi giorni si parla di rivisionarla e correggerla.
    Intanto in Italia non si può avere una tecnica eterologa, ossia usare lo sperma di un donatore extra coppia o un ovocita extracoppia, e non si possono donare gli embrioni in più prodotti per altre coppie che sono sterili entrambi… insomma… purtroppo in Italia siamo sempre un passo in dietro rispetto al resto del mondo.

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