Ho appena finito di leggere “Un posto nel mondo” di Fabio Volo. Un libro di quasi vent’anni fa che può piacere o meno, ma non si può negare che l’autore abbia una capacità di descrivere i sentimenti in modo schietto ed altrettanto profondo. Un libro piacevole, con il pregio di guidarti in un percorso di introspezione verso e dentro te stesso. Un libro che può metterti in difficoltà!
“Tu hai un sogno (…) una cosa che vuoi o volevi fare?” le ha chiesto Federico.
“Si, uno ce l’ho. E’ quello di farmi un giorno una famiglia.” risponde Francesca.
“Fare una famiglia non è un sogno. Le famiglie si dovrebbero fare per condividere con qualcuno che si ama il proprio sogno. Altrimenti le persone diventano funzionali a qualcosa, diventano dei mezzi e non possono essere ciò che sono. Come ha fatto mia madre: non mi ha mai visto come una persona con i suoi desideri, i suoi tempi, i suoi gusti. Spesso la famiglia diventa il rifugio di chi non è riuscito a fare altro.” Questo è uno dei tanti dialoghi che intrecciano due dei tre protagonisti del libro.
Questa risposta lascia Francesca decisamente spiazzata: di solito quando c’è di mezzo l’argomento famiglia/figli nessuno ribatte, perchè la famiglia è importante per tutti. Con questa risposta non si era mai trovata impreparata ed era sempre riuscita a zittire i più curiosi. E, tra l’altro, è la risposta che ho sempre adottato anch’io…! Pensate come ci sono rimasta!!
Nel libro si parla di uno stereotipo di donna che dice di realizzarsi mettendo su famiglia ed avendo dei figli, ma, secondo Federico, prima bisognerebbe realizzarsi come persona e non cercare l’anima gemella per trovare un appoggio; bisogna cercarla quando si conosce bene il proprio io e solo in quel momento si potrà condividere la propria ricchezza interiore con un altro.
“La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d’amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perchè dovrei amarti io?”
Questo non è un libro dedicato alle mamme o ai bambini, ma all’interno ci sono ben due nascite (oltre a due lutti) ed è sicuramente riuscito a farmi mettere in discussione come donna e come mamma, così come d’altronde è successo a mio marito, che l’ha letto prima di me e che me lo ha consigliato, e come sarà successo a tutte le persone che hanno avuto del tempo da dedicare a questa lettura.
A ognuno fa un effetto diverso: mio marito ha ritrovato un’energia che credeva di aver perso ed è partito a mettere giù mille idee per il futuro.
Io invece ho pensato molto alla “figura della mamma” e mi è venuto in mente: ma se si è “solo” mamma e nient’altro non ci si può sentire realizzate? Io trovo che essere mamma sia una dimensione da sogno, a volte surreale, ma invidiabile. Una mamma può riuscire a trovare tempo per una realizzazione personale dopo la/le gravidanze o avrebbe dovuto trovarlo prima perché oramai è troppo tardi? E quando i figli cresceranno non avremo più niente da fare e diventeremo tutte delle casalinghe disperate?
Questo libro mi ha un po’ spaventato. Ne ho parlato con le mie amiche mamme, ma anche con chi non ha ancora figli, magari sui 35 anni e che potrebbe ancora fare un viaggio in se stessa per uscire dalla mediocrità del vivere, ma mi sono resa conto che la maggior parte delle donne non ama (o non si può permettere) il rischio di mollare tutto e seguire i propri sogni!
La protagonista, dopo il parto, per “riappropriarsi di sé, della sua femminilità, del suo modo di essere donna prima ancora che mamma. Recuperarsi come individuo nella sua intimità” decide di fare un viaggio di dieci giorni in Messico, lasciando la piccola di 7 mesi al papà: distacco che io non sarei mai riuscita a sopportare. Per me è già stato durissimo tornare a lavorare quando mia figlia aveva 9 mesi, calcolando che lavoro a 5 minuti da casa!
Vi sentite realizzate come donne e come mamme? Forse siamo troppo poco egoiste e dovremmo prenderci di più i nostri tempi?
Per concludere, questo libro è molto intenso e lascia un segno. Io l’ho letto molto attentamente e mi ha fatto capire che se non si ha una vita non si avrà neppure qualcosa da donare alla persona amata, anche solo dal punto di vista del dialogo.
Leggerò senz’altro il libro, mi hai incuriosito!
Io penso questo: la famiglia è un valore come tanti altri. Dipende da ognuno di noi, da come siamo fatti dentro, dal nostro bagaglio di esperienze che ci hanno segnato, quindi dalla nostra scala dei valori.
Io personalmente ho la famiglia al primo posto. Da quando ho avuto Alice tutto è passato in secondo piano. Ma questo per me non vuo dire mollare tutto il resto ma cercare di far conciliare gli impegni di lavoro ed extra con il tempo che dedico a mia figlia. Ovviamente chi ci rimette è sicuramente il lavoro; sono fortunata perchè, in quanto libera professionista, posso avere gli orari che voglio, ma in realtà dovrei lavorare molto di più per crescere professionalmente.
Però ho deciso che finchè avrò una bimba piccola va bene così…quando crescerà o se verrà un fratellino/sorellina si allungheranno i tempi.
Per alcune mie amiche invece, stare a casa con i figli è impazzire…ed allora per loro la scelta giusta è lavorare a tempo pieno e svagarsi all’esterno della famiglia…dipende da noi. Non c’è una regola.
Ovviamente tutti questi discorsi valgono se si PUO’ SCEGLIERE: cioè se economicamente possiamo scegliere! Altrimenti non esiste alternativa…e al giorno d’oggi è dura tirare fine mese.
mi sono un pò dilungata ma questo è il mio pensiero…magari dopo che avrò letto il libro avrò nuove idee…
baci crisspi
E’ interessante questo tuo post, e ti posso dire che la domanda “una madre è una donna realizzata?” o affermazioni tipo “la famiglia non è un sogno”, scelte come non dividere lo stesso tetto pur facendo parte della famiglia sono cose che possono venire fuori solo da Fabio Volo. Il quale è un single imperterrito di 34 anni che ben si guarda dal prendersi responsabilità quali un figlio o una famiglia, in perfetto allinamento, comunque, dai “ragazzi” italiani di oggi, miei coetanei. Sono discorsi che probabilmente avrei fatto anche io prima di avere mio figlio, ma la nascita di un bambino non solo ti cambia la vita, ma soprattutto ti cambia il cervello. Di Fabio Volo ho letto “E’ una vita che ti aspetto” e poi mi capita di ascoltarlo per radio qualche volta, ma la maggior parte delle volte mi urta terribilmente i nervi con questo suo essere un eterno “peter pan” e con la sua aria da giudice. Una volta ha telefonato una ragazza giovane (mi pare sui 25 anni, non 18!) che aveva due bambini e lui le ha detto “Come mai tutta questa fretta?”. Che ragionamento!! Questo solo per fare un esempio.
Per quanto mi riguarda posso affermare che avere una famiglia è sicuramente un sogno bellissimo che fortunatamente ho realizzato, è il porto sicuro dove tornare la sera, il nido da cui spiccare il volo verso i tuoi sogni personali. E fare la mamma a tempo pieno lo ritengo una grande opportunità e un grande investimento affettivo su mio figlio, e che comunque non mi impedisce di aver ripreso gli studi o di dedicarmi a nuovi hobby che prima non potevo nemmeno sfiorare per mancanza di tempo. Infine, non avrei MAI lasciato mio figlio a 7 (!) mesi e mio marito per “rigenerarmi”:trovo che sia il massimo dell’egoismo. Sette mesi sono davvero pochi! Vorrei proprio vedere quante madri abbiano fatto una cosa del genere… ricordiamoci che l’autore è un uomo. Single. Insomma, come sempre, Fabio Volo non mi scalfisce nemmeno un po’!Ciao da melanele
Secondo me non si può dire se una mamma è una donna realizzata in quanto tale…E’ la persona che si deve sentire realizzata o meno e quindi dipende dalle scelte che fa. Io adesso mi sento realizzata come mamma anche se le difficoltà sono tante e non mi permetterei mai di andare a dire a nessuno che ha avuto fretta a fare figli perchè li ha avuti da giovane…Mi sembra un atteggiamento superficiale: non siamo tutti uguali per fortuna!
Ciao!
Ho letto questo post con molta attenzione perchè incuriosita dall’argomento.
Io non sono una mamma ma ho avuto modo di lavorare in qualche modo alla fase di post produzione di un film molto interessante che uscirà questa settimana al cinema.
Si chiama LISCIO e la protagonista è una mamma single che erca di realizzarsi anche come donna e amante e questo sembra non piacere molto la figlio.
Secondo me è un film divertente che affronta con leggerezza la questione mamme single e figli.
Ve lo consiglio
A presto
Chiara
Sono anch’io mamma. non ho letto il libro e probabilmente non lo leggerò, non perché non mi interessi ma perché ho veramente poco tempo a disposizine per farlo. Vorrei esprimere qua in poche parole una mia rifflessione che ho sviluppato in questi ultimi tre anni. Secondo me la domanda esistenziale non dipende direttamente dal lavoro o da tutte le cose che facciamo, Direi il contrario, il come le facciamo dipende da chi siamo. Non c’è bisogno di fare viaggio per capire sé stessi, è molto personale, uno può viggiare sempre ma in tutti i viaggi essere in fuga. Quello che riguarda le mamme… possono scegliere se esserlo veramente (ma non perché non sanno fare altro) ma per l’amore, è credo che il punto cruciale è proprio lì, é l’amore, e che vuol dire amare? Ci sono vari tipi di amore o dei surogati di amore, trovare l’amore vero quell’amore che tiene tutte le cose insieme (lavoro, famiglia, le passeggiate, il dolore, le amicizie, la solitudine) donare l’amore donare sé stessi è una vera appropriazione di sé. L’amore non aspetta niente in cambio è un atto libero (come un pesce pescato e ributtato nell’acqua) bisogna sempre guardare dentro di se e cercare di essere sinceri per vedere se amiamo veramente e se manchiamo cercarlo instancabilmente.
Io ci tento, sono ragazza madre sono lontana dai miei famigliari e ora ho finalmente cominciato anche lavorare dopo tre anni di pausa. Ogni giorno è una lotta, in tutti campi, e soprattutto con mio figlio che compierà due anni fra qualche giorno, cerco di trovare un equilibrio nei rappori. Di tutto questo parlerò nel mio blog, che devo ancora mettere in piedi. Mi rendo conto che le mie parole suonao un pò troppo forte, e sono ancora lontana dagli obbiettivi, ma la vita è fatta per raggiungerli e forse nel mio piccolo ci riuscirò. Graze
Invece io ho capito che con la nascita della mia seconda figlia in me è cambiato qualcosa o, per dirla con precisione, stanno cambiando le mie prospettive ora che ha più di un anno. Prima ero totalmente proiettata sulla famiglia e mi sono resa conto che una situazione di questo tipo può anche “annientare” la personalità di una mamma che invece ha bisogno di essere prima di tutto una persona e, possibilmente, una donna soddisfatta per poter trasmettere a chi le sta vicino positività e serenità. Bisogna trovare del tempo da dedicarsi, oppure avere quantomeno un lavoro che piace, visto che ci si deve dedicare 8 ore al giorno, se no si arriva a casa alla sera esausti ed esasperati e si rovesciano le proprie tensioni sulla famiglia che non ne può niente! Perchè la vita di una mamma non dev’essere un continuo sacrificarsi per gli altri. Il resto della famiglia deve imparare a rispettare i tempi della mamma, che sia anche un pisolino al pomeriggio o una pasua dal parrucchiere! Tutto ciò per poter dedicare un tempo di qualità ai nostri figli. Non credete??
Sai cosa? nei primi anni di vita dei figli è secondo me fisiologico indirizzare tutte le energie alla famiglia. E se ripenso a me nei primi anni di maternità è come se avessi creato una cuccia, una tana. Credo che stia proprio nella “protezione dei cuccioli” quell’energia che si investe tutta lì. Poi, per fortuna, le cose cambiano. Però il rischio di mollare il lavoro e fare scelte che magari qualche anno dopo sarebbero impensabili, è molto alto. La solita fatica di tenere insieme tutti i pezzi che noi donne conosciamo bene…