La padronanza dell’inglese è un requisito sempre più importante per i nostri figli. Non si tratta solo di entrare, un domani, nel mondo del lavoro con un’abilità ritenuta ormai indispensabile, ma anche di potersi informare attingendo dalle fonti originarie (l’ultimo esempio del terremoto in Giappone, come molti altri in passato, ci ha dimostrato la rilevanza dell’informazione che, in inglese, si diffonde in tempo reale in tutto il mondo), e perché no anche potersi divertire senza l’intermediazione di una traduzione, dal momento che i film, la musica i videogiochi, i siti internet sono inglese e si rivolgono a tutti i cittadini del mondo che comprendono questo idioma.
La cultura italiana si serve a larghe mani della traduzione: fruiamo tradotti i film, i cartoni e tutti gli altri “prodotti culturali” che gran parte del mondo vede in lingua originale, magari con il solo aiuto dei sottotitoli. Forse non tutti lo sanno, ma questa consuetudine è radicata nella nostra mentalità sin dai tempi del fascismo, che nel tradurre “filtrava” quanto vi era di sgradito ed inaccettabile per il pubblico ed in particolare ciò aveva la funzione di censurare l’inglese, la lingua del nemico. Naturalmente, moltissime cose sono cambiate da allora, però, per chi ha l’abitudine di guardare un film in lingua originale, la percezione del tradimento del significato nascosto dietro alla traduzione è evidente e fastidiosa, a cominciare dai titoli. Se i nostri ragazzi avessero la possibilità di seguire i film che amano direttamente nella loro versione originale, ne coglierebbero i significati che la traduzione annulla e distorce.
Fortunatamente, internet e la nuova organizzazione della tv, sempre più orientata verso il satellitare e la proposta multilingua aperta a tutti, dovrebbero potere aprire anche ai nostri bambini, come a gran parte dei bambini europei, la possibilità di un’esposizione almeno passiva alla lingua inglese, che potenzialmente è di grande aiuto nell’apprendimento della lingua in modo naturale. Dico potenzialmente perché l’esposizione passiva non è da sola sufficiente per ottenere il risultato dell’apprendimento spontaneo della lingua. I popoli del nord Europa, che vivono in una situazione di bilinguismo, di fatto enormemente aiutata dalla televisione in lingua originale, hanno rispetto a noi il vantaggio che l’inglese e la loro lingua madre sono, almeno dal punto di vista del lessico, alquanto vicino: per loro capire l’inglese è molto più intuitivo di quanto non lo sia per noi. Per i nostri bambini, se davvero vogliamo aiutarli ad acquisire una buona padronanza dell’inglese, è necessario che all’interno di ogni famiglia si prepari una strategia per abbinare all’esposizione passiva all’inglese (attraverso la tv o le canzoni) una possibilità di uso attivo della lingua, indispensabile per imparare davvero.
Le occasioni per l’attivazione del bagaglio passivo devono essere scelte con cura dai genitori. I viaggi all’estero, se impostati con il fine di esporre i bambini all’inglese, devono dare effettivamente loro una quantità di stimoli ed il tempo necessario per ambientarsi e sentire il bisogno di interagire con i loro coetanei che parlano un’altra lingua. I corsi di lingue durante l’anno devono essere tenuti da insegnanti di madrelingua esperti nell’insegnamento a bambini, utilizzando materiali che stimolino la loro attenzione e curiosità e che siano adatti alla maturazione cognitiva tipica dell’età e di ogni singolo bambino, dosando con attenzione sfida e gratificazione.
Sempre più famiglie sono oggi motivate ad avviare i propri figli alla conoscenza precoce dell’inglese. Sabato 9 aprile è uscito sul corriere un articolo dedicato all’argomento, segno del crescente interesse verso l’inglese da parte dei genitori, che si interrogano su come sia possibile evitare al proprio figlio ciò che spesso ha afflitto loro: ovvero un’esperienza con l’inglese frustrante, innaturale, dove a fronte di anni di studio della scuola, la lingua non è stata mai parlata fluidamente.
Io posso parlare in prima persona di questa esperienza e delle sue amarezze: pur provenendo da una famiglia bilingue (addirittura, mio nonno era un trilingue italiano-inglese-romeno, per via della complessa composizione della sua famiglia), nell’infanzia mi è stato insegnato solo l’italiano perchè negli anni ‘70 quando sono nata si diceva che esporre i bambini a più lingue contemporaneamente fosse deleterio. Si trattava di una preoccupazione infondata, che ignorava l’evidenza: quasi tutti i nostri nonni, che gestivano contemporaneamente dialetto e italiano, erano dei perfetti bilingui, eppure sfido chiunque a ricordare che i propri nonni avessero personalità sdoppiate per questo, o problematiche neurologiche di qualsiasi genere. Ad ogni modo, alle mamme degli anni 70 i pediatri sconsigliavano vivamente di esporre i propri figli a due lingue in contemporanea, quindi mia madre rinunciò ad insegnarmi l’inglese.
Oggi fortunatamente i pediatri non sconsigliano più la doppia esposizione, che anzi è per tanti versi desiderabile non solo per l’efficacia (fortunatamente si può acquisire una competenza quasi bilingue anche imparando le lingue da grandi), quanto per la facilità con cui i bambini imparano le lingue, data soprattutto dalla plasticità del cervello infantile e la libertà dell’apparato fonico, ancora non legato ai suoni della madrelingua ma “aperto” alla ben più ampia gamma di suoni che si ritrovano nella lingua nel mondo ma non nell’italiano.
Tuttavia, per insegnare le lingua nell’infanzia è necessario un approccio ben preciso. In primo luogo, è necessaria costanza: l’impegno dell’insegnamento di una lingua si prolunga per anni, e deve essere portato avanti tutti i giorni, per un numero congruo di ore settimanali. La stimolazione attiva (il canto battendo le mani, la lettura insieme, la conversazione se il vostro livello di inglese è alto) deve completare l’esposizione passiva (l’ascolto di musica e tv), in modo da attivare e memorizzare il vocabolario acquisito. La responsabilità dei genitori è molto alta: infatti, anche il miglior corso di inglese moltiplica il proprio risultato se viene fatto a casa del rinforzo, attraverso attività gradite al bambino. Mamma e papà, o i nonni, specie nella prima infanzia, sono i migliori interlocutori del bambino. In compagnia di una persona cara, il bimbo impara meglio perchè con lei è abbassato il filtro affettivo ovvero quella barriera fatta di stress e timore di essere giudicati che rende meno efficace l’apprendimento ed è invece alta la motivazione al gioco e alla complicità, i migliori alleati dell’imparare.
Autore: Claudia Adamo, fondatrice di www.open-minds.it , scuola di inglese specializzata per bambini che invia le insegnanti madrelingua nelle case, negli asili, enti e associazioni, organizzando una serie di servizi che va dai corsi di inglese personalizzati alle vacanze studio per ragazzi e famiglie, dai summer camps a milano al babysitting in inglese e che ha concepito in tre corsi del tutto innovativi, per illustrare ai genitori come insegnare l’inglese ai propri bambini piccoli e fare del bilinguismo una realtà concreta con una spesa a portata di tutti.
Il tuo articolo è molto interessante! Se posso di do un mio personalissimo parere. Da qualche settimana ho iniziato a studiare l’inglese con mio figlio (che ha 3 anni) con “Canta English”. Praticamente studia la lingua con l’aiuto di un DVD e le lezioni di John Peter Sloan (già famoso per i suoi programmi televisivi) che ripete la lingua con simpatiche filastrocche. Lui ha un ottimo metodo studiato per i bambini e sembra proprio che funzioni. Io sono entusiasta dei risultati raggiunti fino ad oggi! Anche perché insieme al DVD danno un carinissimo gioco da tavolo dove i bambini possono ripetere tutte le parole che imparano ogni volta che vogliono. non so se la cosa puo’ interessarti, ti lascio comunque un paio di link utili!
Facebook: https://www.facebook.com/cantaenglish
Youtube (con i tutorial): https://www.youtube.com/user/Cantaenglish
🙂 Grazie della dritta! Mi piace molto John Sloan e non sapevo che faceva anche lezioni ai più piccoli…! A presto Ciaooo
Ciao unamammabis.. ma alla fine l’hai comprato? che te ne pare? io mi sto trovando molto bene e ora che sono usciti anche gli altri numeri è ancora piu’ divertente :P. A presto!
Ciao Unamamma. anche io vorrei provare Canta English, ho visto lo spot e ne sto sentendo molto parlare.. ma qualcuno sa dirmi dove posso trovarlo? grazie mille
Ciao mamme, sono una educatrice e vorrei segnalare questo libro che e’ pieno di giochi e attivita’ in inglese per i piu’ piccoli.
https://itunes.apple.com/it/book/twinkle-twinkle-little-star/id571672332?mt=11 di Ian George Bolton
Maria 🙂
In questo libro trovate tutto quello che vi occorre per insegnare l’inglese ai bambini dai 3 ai 6 anni. Una guida finalizzati all’approfondimento ed all’integrazione attraverso attività ludiche delle nozioni linguistiche.
https://itunes.apple.com/it/book/twinkle-twinkle-little-star/id571672332?mt=11 di Ian George Bolton
Ciao Lucia! No, non l’ho ancora comprato…ho guardato qualcosa su youtube e mi è sembrato davvero fatto bene! Magari nelle prossime vacanze di Natale ci faccio una pensata! Auguri intanto di Buon Natale e sereno 2013!
Ciao Francesca, se vai sul sito, trovi tutte le informazioni:
http://www.cantaenglish.it/it/home-page
Buone feste! 🙂
Ciao Unamamma e grazie mille per il consiglio! vado subito a vedere. Buona giornata a tutti!