Come mai molti bambini abbandonano presto l´attività fisica o non riescono ad appassionarsi a nessuno sport in particolare? Spesso la colpa è dei genitori e delle loro pretese esagerate nei confronti dei propri figli. Sono soprattutto i papà, ma a volte anche le mamme, che esercitano troppa pressione sulle loro “prestazioni”.
C’è la mamma che avrebbe voluto fare danza, ma non ha potuto ed ora obbliga la figlia a danzare, nonostante lei sia più portata per la pallacanestro; oppure il papà che non vede l’ora che una società calcistica noti l’abilità del figlio appena entrato a far parte della squadra locale dei pulcini. La sensazione è la stessa di quando cerchi di fare pratica alla guida di un auto con tuo padre o tua madre vicino: un disastro! Esci da quell’auto che ti senti davvero negato ed andresti di corsa a comprarti una bicicletta!
Bisognerebbe evitare di rimproverare i nostri bambini per lo scarso impegno o per i mancati risultati, in quanto la loro è l’età dell’apprendimento e non dell´agonismo, evitando che si sentano a disagio o inadeguati. I papà che accompagnano i piccoli agli eventi sportivi che li vede protagonisti dovrebbero trattenersi dall’insultare o dal criticare l’allenatore, l’arbitro o l’avversario.
Gli allenatori, a loro volta, dovrebbero insegnare che lo sport è un modo per sviluppare in armonia mente e fisico, nonché per socializzare con gli altri. Dovrebbero avere un’adeguata preparazione tecnica ed una buona capacità di dialogare e di stimolare in modo positivo i propri allievi. Non devono arrabbiarsi ed urlare, ma dare importanza al divertimento e non solo al risultato o alla vittoria, anzi, incoraggiare e sostenere i piccoli atleti sopratutto in caso di errore, spiegando che la sconfitta nella competizione non è un fallimento personale.
Non ha avuto problemi di questo tipo Jacopo Morini, figlio di Francesco Morini, ex calciatore della Juventus. Ero rimasta colpita tempo fa dalla foto (trovata su Facebook) dove il papà, durante una partita o un allenamento, gli dava il biberon ed ho approfittato per fargli qualche domanda su come si è comportato con lui:
Cosa si prova ad avere un papà-calciatore?
“Sono nato nel 1977 e mio padre ha finito di giocare nell’81, quindi i ricordi di mio padre -giocatore si limitano ai primissimi anni di età. L’unica partita a cui ho assistito è stata in Canada. Papà aveva scelto di giocare l’ultimo anno della sua carriera nel Toronto Blizzard e io ho messo a soqquadro la tribuna sfuggendo a mia mamma. Ho seminato il panico tra la gente rincorrendo ovunque la Mascotte della squadra, lasciando una scia di pop corn (avevo la confezione big-size) tra quei poveretti che volevano godersi la partita. Da quel momento mia madre ha deciso di non portarmi più ad una partita di calcio e in generale in nessun luogo pubblico. Nonostante questo episodio, mio padre ha continuato a volermi bene e crescendo mi ha sempre appoggiato in qualsiasi scelta.”
Ma non ha mai spinto affinché tu seguissi le sue orme?
“Non mi ha mai fatto pressioni di questo tipo, anche perché è stato chiaro fin dai primi calci al pallone che avevo ereditato i piedi da mia madre…quindi sarebbe stato tutto inutile. Il fatto di avere un papà “famoso” non mi ha mai condizionato più di tanto, perchè non si è mai comportato diversamente da una persona “normale”, anzi è un compagnone che parla e scherza volentieri con chiunque.”
Hai quindi trovato la tua strada in un settore completamente diverso.
“Io ho ereditato un pò del suo humor toscano e con i miei amici Niccolò Bello, Francesco Granieri e Tiziano Lamberti abbiamo creato Bugstv, un progetto che ci ha portato dal web a Italia 1 nel team delle Iene e una trasmissione tutta nostra su GXT (canale 146 sky).”
Ce ne fossero tanti di papà così…
In conclusione, ricordiamoci che le principali motivazioni che spingono i bambini a praticare uno sport sono: divertirsi, stare con gli amici e migliorare le proprie abilità. E, anche se non diventeranno i capitani della loro squadra o delle prime ballerine, per noi restano sempre i migliori!!!
Un mio amico, che allena una squadra di piccolini a calcio, mi ha detto che non deve combattere con i suoi allievi ma con i genitori durante le partite, tutte le domeniche! E che dire di quelle mamme che alla fine della “prima” lezione di ginnastica artistica, che mia figlia frequenta da qs. anno, si buttano sulla maestra e le chiedono se hanno notato quanto é brava e portata la loro bambina! Pazzesco!
Articolo interessante, che non mi trova del tutto d’accordo. Ciao!
Figli e sport
Ciao Archipedro, se vuoi dirci in cosa non sei d’accordo a me fanno piacere anche le critiche, purchè siano costruttive! Grazie del tuo commento.
Non sono d’accordo con questa frase ,troppo generica.
“Come mai molti bambini abbandonano presto l´attività fisica o non riescono ad appassionarsi a nessuno sport in particolare? Spesso la colpa è dei genitori e delle loro pretese esagerate nei confronti dei propri figli”.
E’ la società, quindi i genitori solo indirettamente, ad indurre negli individui pretese esagerate. I genitori sono in effetti i veri “paletti” nella vita dei loro piccoli: sono la risorsa essenziale, e dovrebbero, questo si, caricarsi di maggiori responsabilità. E delegare il meno possibile… Fidarsi di meno, anche delle istituzioni, e vigilare sempre. Fare scelte coraggiose, quando il merito dei loro cari non viene riconosciuto. Insomma… espatriare quanto prima… 🙂
Non una critica, ma una riflessione non distruttiva… 🙂
Apprezzo molto la tua precisazione! Hai ragione, anche se non capisco cosa intendi per “espatriare”!
Il punto è che in Italia solo certi sport sono “privilegiati” ed altri invece hanno pochissimi mezzi e strutture perchè non richiamano quegli sponsors importanti che invece si buttano solo su un certo tipo di attività! Nella classe di mio figlio quasi tutti i suoi compagni fanno calcio e nient’altro. Ora senza nulla togliere a questo sport ci sono altre attività sportive che potrebbero dare uguale divertimento e spirito di squadra e, difatti, mi sono rifiutata di fargli fare calcio e ho scelto mini basket anche se non è parimenti “popolare”!
Espatriare… cercare sulla mappa mondiale un paese più civile, e non sarà cosa difficile, dove spedire i propri figli a studiare o a far sport. O entrambe le cose. In modo tale che coltivino le proprie ambizioni, non quelle mutuate dalla tv, lontani dall’imperversante mondo di invidiosi e raccomandati. Sinceramente oggi non credo vi siano alternative, nonostante i bravi genitori italici nei quali m’imbatto: questo decadente malessere ha radici profonde, e per adesso non intravedo alcun margine di cambiamento.
Ecco perché su quella barca, a remare assieme ai figli, ci vedo proprio (forse solo) loro… the parents… neppure gli insegnanti stessi, neppure gli amici, neppure i nonni anche troppo impegnati altrove… tutti alle prese con i propri ossessivi egoismi…
W i genitori di bambini piccoli quindi, che almeno hanno un progetto in vista… 🙂
Unamammabis,
brava, ma si dovrebbe iniziare con l’atletica (ed il nuoto per bambini “fragili”). Sport articolati e collettivi solo dopo gli undici anni… sport estremamente tecnici (tennis, sci, scherma, arti marziali) solo abbinati all’atletica di base (velocità, coordinazione, salti, lanci…). E questo per sfruttare le “fasi sensibili” dell’apprendimento motorio…
In effetti considero il nuoto uno degli sport più completi e fortunatamente nella scuola di mio figlio lo praticano come disciplina fondamentale dal secondo anno…
http://mammeinblog.blog.rai.it/2010/04/02/i-blog-della-quarta-puntata-2/