Quante parti della nostra vita privata siamo disposti a delegare ad altri? In fondo, quando si tratta di caricare la lavastoviglie o di tirare a lucido un pavimento non ci sembra poi di perderci molto pagando un’altra persona che lo faccia al posto nostro. Ma se dalle suppellettili si passa alle persone, che succede?
A rispondere è il saggio di Arlie Russell Hochschild, “Per amore o per denaro. La commercializzazione della vita intima”. L’autrice, professoressa di Sociologia, all’Università di Berkley in California, rileva che nella società occidentale l’indebolimento della famiglia e dell’appartenenza a una comunità ha creato un vuoto culturale in cui il mercato la fa da padrone.
L’allungamento degli orari di lavoro o l’impiego anche delle donne al di fuori delle quattro mura domestiche hanno trasformato radicalmente le nostre abitudini, soprattutto quelle familiari. Anzi l’autrice si spinge oltre dimostrando come nella società capitalista il nostro tempo, in particolare quel poco che ci rimane libero dal lavoro, è sempre più ridotto ad un’anonima merce.
Inseguiamo il mito dell’efficienza e del successo, spiega la sociologa americana, ci perdiamo la parte migliore della giornate e per fare questo siamo anche disposti a pagare. E così nella logica di essere liberi di realizzarci iscriviamo i nostri figli in nidi o asili, scelti non tanto per i principi educativi o gli insegnanti, ma in base al tempo che possono dedicare ai nostri figli, mentre noi siamo al lavoro. Oppure paghiamo tate e badanti per occuparci dei nostri cari. D’altra parte spesso noi non ci troviamo al lavoro proprio per pagare il mutuo della casa e tutti questi servizi che ci permettono di passare del tempo fuori casa?
L’assunto del libro è che il nostro sistema economico, il capitalismo sottrae agli individui, ai padri e alle madri in particolare, una risorsa davvero preziosa: il tempo. Assunto non di per sé originalissimo, visto che Marx e altri pensatori si erano misurati con questo problema.
Il tocco originale della Hochschild sta nell’analizzare gli effetti della globalizzazione sul lavoro femminile, e soprattutto su certe tipologie di lavoro che le donne occidentali non vogliono più fare. Un tema centrale in un altro libro della sociologa “Donne globali” edito da Feltrinelli.
In “Donne globali” la Hochschild analizzava il mestiere di tata, della collaboratrice domestica, dell´aiuto per persone anziane e inferme, lavoro svolto prevalentemente da donne immigrate, “che lasciano a casa i propri bambini per poter garantire loro un futuro migliore e alle quali viene chiesto di occuparsi dei nostri figli esattamente come noi faremmo”.
Donne dalle quali si pretende molto salvo poi sviluppare istinti di gelosia, perché il figlio si è affezionato troppo a loro. Il punto focale di questo libro è una dura critica al femminismo (“nella battaglia per la parità e il diritto all´autoaffermazione, il femminismo ha perso”) e al capitalismo “che non si accontenta più dello sfruttamento dei beni materiali, ma pretende di fare commercio dell´affetto, della cura e dell´amore”. “Dietro ogni donna in carriera non c´è condivisione dei compiti. Gli uomini si sono ben guardati dal dividersi tra casa e lavoro. Dietro ogni donna affermata c´è invece un´altra donna, dea ex machina che lava, pulisce e riporta ordine in casa e tranquillità in famiglia”.
Demandare ad altri la parte più faticosa, ma anche più bella e densa di soddisfazioni della nostra vita, non necessariamente significa acquistare più libertà. “Cura dei figli, cura degli anziani, cura delle relazioni reciproche familiari e di vicinato, cura della propria vita emotiva. E se il mercato ci soccorre per tutto quello che non riusciamo più a “curare” – scrive il giornalista Umberto Garimberti -non dimentichiamo che il denaro non vale uno sguardo accogliente, una carezza tranquilla, un sentimento gravido di storia, un tratto umano iscritto nel “prendersi cura” che, come ci ricorda Heidegger, è altra cosa del “pro-curare” qualcosa a qualcuno”.
Insomma dal saggio emerge come il concetto di “tempo-qualità” sia una colossale balla che ci raccontiamo per rimettere a posto i conti con la nostra coscienza.
Infatti se ci avete mai fatto caso, il concetto di “qualità del tempo” funziona sempre e solo con il vostro tempo libero. Stranamente sul posto di lavoro la qualità del tempo raramente viene menzionata.
Titolo: Per amore o per denaro. La commercializzazione della vita intima
Autore: Russell Hochschild Arlie
Editore: Il Mulino
Pagine: 256
Prezzo: €15
Con lo spunto del libro hai posto delle questioni molto interessanti e degne di dibattito. Probabilmente mi dovrei leggere il libro, ma così d’acchito mi dà l’impressione di avere un’ottica alquanto limitata e legata a realtà distanti dalle nostre. Nella realtà americana la maternità non è tutelata come da noi e così anche il lavoro in generale. Le donne che si possono permettere colf, badanti e baby sitter a tempo pieno sono quelle donne che posseggono già una vita in carriera a cui non intendono certo rinunciare.
Penso inoltre che l’asilo nido sia invece un servizio necessario perchè ormai le donne “normali” e non necessariamente “in carriera” sono entrate nel mondo del lavoro e devono avere la possibilità di conciliare il doppio ruolo e non essere costrette a lasciare il lavoro perchè nessuno le aiuta.
Inoltre è un mito che una volta le donne si occupassero direttamente, sempre e in continuazione della propria prole: nelle realtà contadine, dove i figli erano tanti, i bimbi più grandicelli o le nonne badavano ai bimbi piccoli e le donne andavano a coltivare i campi assieme agli uomini.
Le famiglie ricche avevano la balia.
La famiglia mononucleare in cui solo il marito va a lavorare e la moglie sta a casa a guardare i figli (in genere 2) è tipica di tempi più recenti. L’immagine della mammatutto si è affermata progressivamente con l’inurbamento del dopoguerra, grazie anche all’osservazione che alcuni pediatri, che studiavano casi di bambini orfani di guerra, hanno fatto sulla assoluta necessità che questi hanno di stare appiccicati alle madri, immagine che è la primaria fonte dei sensi di colpa per le madri che invece intendono, per i più svariati motivi, lavorare.
Cara Annama,
non è che la Hochschild si scagli contro l’uso delle baby sitter o degli asili nido, tutt’altro.
La studiosa si limita più che altro ad osservare scientificamente come sono mutate le nostre abitudini e il nostro menage familiare di questi tempi. Come il mercato ci abbia trasformato in uomini e donne-consumatori.
Il suo approccio è quello di applicare la cosiddetta “sociologia dei sentimenti” alla studio della società dei consumi, e in particolare all’influsso che questa esercita sulla nostra vita di tutti i giorni.
Forse alcuni spunti sono un po’ troppo legati alla realtà americana, come tu giustamente rilevi, ma l’analisi della Hochschild, lei stessa nonna e mamma, mi sembra sia familiare anche ai lettori italiani.
E’ vero, come dici tu, che anche ai tempi in cui in Italia vi era una società contadina e più legata a ritmi rurali, le donne lavoravano, e non è che si prendessero cura tutto il santo giorno della prole, ma è anche vero che avevano ritmi forse meno convulsi di quelli odierni e per di più l’dentità di mamma non era posta così in antitesi, quasi in contraddizione, con l’identità professionale, ma era quasi un tutt’uno. Tant’è che molte donne portavano con sè nei campi i bambini più grandi.
La cosa che mi ha colpito di più della riflessione di questa studiosa americana, che analizza la società occidentale partendo dal pensiero di personaggi come Freud, Goffman, Geertz, è la cronica mancanza di tempo, che ci affligge e ci costringe ad abitudini quotidiane che forse non sarebbero neanche nostre.
Sicuramente i tempi odierni sono convulsi ed è su questo problema che bisognerebbe lavorare, anche sull’esempio di altri paesi, come quelli scandinavi, che ci stanno provando da tempo e un po’ ci stanno riuscendo (secondo varie statistiche diffuse pare che i danesi si siano dichiarati soddisfatti di come si riesca, nel loro paese, a conciliare lavoro e famiglia).
In merito ai bei tempi andati mi è andato però il pensiero a mia nonna, che non sarà stata costretta ai tempi convulsi di oggi ma che ha avuto 10 figli (quelli sopravvissuti, perchè altrimenti sarebbero stati 14) lavorava i campi, e a 49 anni se n’è andata. Francamente nulla di invidiabile.
mi sembra una buona cosa recensire un libro come questo in un sito che si chiama “una mamma”…
la hochschild è molto brava e molto attenta a ribaltare gli assunti del pensiero comune e la volgarizzazione dei movimenti di pensiero, anche di quelli importanti e a cui lei è affezionata: tipo il femminismo.
il punto focale del libro non è affatto “una dura critica al femminismo ” ma alla sua strumentalizzazione e banalizzazione da parte della “cultura del mercato”. Non solo la hochschild non critica il femminismo ma ne auspica “il risveglio” (pg 170) e dice una cosa molto saggia e attuale ” invece di dilungarsi sulla questione della sopravvivenza della famiglia faremmo meglio come società a misurarci con i problemi concreti delle famiglie di oggi!”.
spesso ci nascondiamo, dice ancora l’autrice, dietro un falso problema, quello di dover scegliere fra una tradizione stabile e una modernità instabile (!), ma queste, come fa notare il commento prima del mio, sono rappresentazioni culturali che poco hanno a che vedere con la descrizione attuale e storica dei problemi.
Cara Sandra
in effetti sono perfettamente d’accordo con te, quando parlo di dura critica al femminismo.
Forse per eccesso di sintesi mi sono espressa male.
Si potrebbe dire che l’analisi della Hotchschild è anche una critica costruttiva a certi assunti del femminismo, che oggi risultano un po’ datati.
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Grazie Mariangela, per questa tua segnalazione su questo bellisimo progetto.
Fortunatamente in Italia abbiamo moltissime associazioni no profit in aiuto alle famiglie in difficoltà, come ad es. il centro di accoglienza Promosolida PuntoLiberatutti Onlus di Bolzano in aiuto ai minori con forti disagi che domani a Milano porteranno in scena lo spettacolo teatrale “La storia di Edimar: solo lo stupore conosce”. Per informazioni scrivere a: info@puntoliberatutti.it.
Oppure contattare il seguente n. di telef.: 0471.052050.
Il discorso è lungo e certamente bisognerebbe capire i tanti”pensieri” delle donne e i loro desideri. In fondo credo che bisognerebbe creare strutture adeguate per la mamma donna che lavora. Comunque per me prevale la libertà di scelta le forzature sono pericolose specie per alcuni tipi di donne e per chi non ha sostegno e deve sacrificarsi in qualcosa che pur amando non è capace di sostenere. Libertà e sostegno alla famiglia questo è il problema, secondo me, scottante e, dare una mano a chi vuole migliorare se stessa sul piano intellettuale e sociale, in un sapere che non ha potuto avere, reclusa in stereotipi confezionati da altri.
quante cose sono chieste oggi a una donna, che desidera con tutta se stessa di essere mamma,, a lavoro devi farti valere, a casa deve essere sempre tutto in ordine, devi dare spazio al tuo bambino ,,che purtroppo sta tutto il giorno al nido,,quando poi la cosa che riesci a fare meglio è guardare tutte le sere lo stesso cartone animato,, ti sembra di non riuscire in nulla se poi solo tenti di realizzare anche te stessa studiando cio che ti appassione, anche per garantirti un futuro migliore per te e i tuoi figli, sembra quasi l’essere troppo egoista,, daltronde è piu concesso a un marito, e deve essere per forza scontato per una donna l’essere totalmente dedita alla famiglia, alla casa,, ma a lavoro hanno le stesse pretese,,e cosi a un tratto pensi di non riuscire, come donna, come , mamma, nella carriera, nei sogni, nelle tue aspirazioni,,,sembra che tutto sia una pretesa…..e ti trovi in mezzo al traffico,, tra le pentole, a studiare davanti al computer,, a guardare quel solito cartone col tuo bimbo,, e ti sembra che forse non sei in grado di riuscire in tutto cio,,,sai che il tuo bambino è la gioia piu grande, ma come puoi mettere da parte tutto il resto,,,,è questo che ci chiede a societa?? e questo che vogliamo noi??Per me al giorno d’oggi una donna viene ancora troppo discriminata, pagata di meno perche alle 18 deve scappare a prendere il suo bambino,, cadesse l’ufficio,,devi fare il pranzo della domenica e tenere pulita la casa..devi cercare di dedicarti totalmente a tuo figlio perche è scontato che una mamma deve sapere sempre comportarsi anche con lui,,e se osi pretendere di realizzare anche i tuoi sogni è la fine, questo è cio che deve essere una donna brava mamma, lavoratrice, amante, casalinga,collega,, siamo piene di ruoli, e cio ti fa sentire bene solo perche è l’essere mamma che fa la differenza,,ma il tempo è cosi poco,,e alla fine ti senti cosi minuscola:inefficente in tutto cio,,