Tutte le volte che una mamma che segue questo blog mi comunica di aspettare un bambino mi sento orgogliosa, come se nel mio piccolo avessi partecipato anch’io, ma quelle mamme non sanno che da quel momento in poi inizierà per loro un percorso impegnativo da affrontare. Non tanto per la difficoltà del diventare madri, quanto più perché capiranno che la società si aspetta da loro qualcosa di preciso, ovvero che diventino delle mamme perfette!
Le neo-mamme capiranno subito che è una missione impossibile, ma alcune pretendono troppo da sé e spesso cadono nel “tranello” della depressione post-parto, non essendo riuscite a raggiungere i propri obiettivi.
Nel libro “La Solitudine delle Madri” (15 euro – 146 pag. Ma. Gi. Ed.), Marilde Trinchero affronta molto bene l´argomento, interessandosi alla crescita delle madri e non solo dei bambini e seguendo il tutto da un punto di vista diverso, cioè quello della realizzazione della mamma.
Ringrazio Marilde per la citazione e per le belle parole dedicate all´iniziativa di una www.mamma.it, eravamo già stati citati su quotidiani, riviste, altri siti, ma non ancora nei libri!
Ho vissuto (in parte) insieme a lei la creazione del libro, ne avevo già letta una bozza, ma ho voluto gustarmelo nell´edizione finale e ne sono orgogliosa come se fosse un suo bambino. Ho approfittato della sua disponibilità per farle qualche domanda.
Marilde, cosa si prova quando viene pubblicato un tuo libro?
Si provano tante emozioni diverse: alcune le immaginavo, altre le ho scoperte strada facendo. Sono incredibilmente simili alle emozioni del diventare madre, nella loro alternanza e nella loro intensità. Con quel forte senso di creatività che caratterizza entrambe le esperienze. Tuttavia è molto più semplice scrivere un libro che crescere un figlio. Per un´infinità di motivi. Il primo che mi viene in mente è legato al tempo. Il tempo dedicato a un figlio ha un ritmo deciso dal bambino, dai suoi bisogni, dai suoi orari. Un libro invece non ti sveglia di notte perché ha fame, vuol essere cambiato, ha le coliche. Vuoi mettere la differenza?
Credi possa essere utile alle neo-mamme?
Lo spero. E´ il motivo per cui l´ho scritto. Ci sono anche troppi manuali su come crescere i bambini, e pochi libri che possano sostenere le madri nel loro compito. Madri stanche, madri sole, madri che non ce la fanno più e che spesso non lo possono dire. Purtroppo la convinzione che l´istinto materno sia innato è ancora diffusa e che l´esperienza della maternità comprenda anche giornate oscure è qualcosa di cui si parla poco. Invece la maternità si può apprendere, e si apprende anche meglio sapendo che è normalissimo a volte “non farcela più”.
Come immagini ci si possa realizzare nella nostra società in quanto donna, conciliando un lavoro e dei figli?
Temo che la parola conciliazione diventi sempre più sinonimo di equilibrio precario. E che sia ormai evidente che, tranne pochissime privilegiate situazioni, per la maggior parte delle donne tenere insieme lavoro e famiglia, specie quando i figli sono piccoli, è un impegno considerevole. Credo davvero che si possano realizzare diverse parti di sé, ma per farlo bisogna imparare a sfrondare, a dare le giuste priorità, a distribuire le energie senza cadere nella trappola della “madre perfetta”, che rischia di trasformare la conciliazione in un fardello di fatica. I modelli di donna proposti dai mass-media sono modelli lontani dalla realtà, sono modelli insostenibili, che “ammalano”.
Cosa suggerisci per affrontare la depressione post parto?
Chiedere aiuto. Subito. Ai familiari e a uno specialista.. In modo tale che si capisca se è un fisiologico maternity blues o un malessere più serio che richiede un intervento più specifico. E cominciare davvero a ricordarci che è normale dopo il parto vivere questi malesseri. Non è vero che una madre è felice sempre, giusto per il fatto che è diventata madre. Una madre è felice di esser tale, ma qualche volta non lo è per niente. Qualche volta vorrebbe essere altrove, qualche volta si chiede se desidera davvero essere lì, a crescere quel figlio. Credo che legittimare di più questi pensieri, ancora considerati tabù, allenterebbe di per sé il malessere nei primi mesi della maternità. Il filo conduttore del libro è proprio sul dare voce a vissuti sia positivi che negativi della maternità. Poiché ogni donna vive entrambi.
Pensi che al giorno d´oggi i papà siano pronti per affrontare le loro responsabilità?
Credo che sia tempo. E che fra le responsabilità dei padri ci sia quella di essere più autorevoli. Se hanno ormai ampiamente dimostrato che sono in grado di cambiare un bambino e di portarlo ai giardini o accompagnarlo a scuola, hanno ancora parecchio da apprendere sulla capacità di dare più regole e limiti. Talvolta noi donne dobbiamo fare da madre e da padre. Ma anche la paternità come la maternità si può apprendere. Alcuni uomini fanno fatica ad essere autorevoli, a dare dei limiti, è come se i fantasmi di certi nonni del passato, autoritari, distanti affettivamente, che hanno creato molte sofferenze ai figli, fossero ancora troppo ingombranti. E allora i padri di oggi sono troppo vicini, quasi amici dei figli. Ma questa cosa non funziona. Bisogna riflettere sulla differenza tra essere autoritari ed essere autorevoli: due parole simili ma profondamente diverse nel loro significato. E mi piacerebbe, mi piacerebbe davvero, che si allentasse un po´ il culto del bambino a favore di maggiori cure verso le madri. E´ stato fondamentale orientare negli ultimi decenni molta attenzione al bambino, ma bisogna stare attenti a non esagerare e trasformare appunto una dovuta attenzione a un culto. Dannoso per il bambino stesso, per la sua crescita. Oggi sono le donne che hanno bisogno di cure, di attenzioni, e di non essere lasciate sole nel loro essere madri.
Infine, tranquillizziamo le mamme che non si facciano intimorire dal titolo di questo libro che consiglio a tutte voi!
Ho letto il libro, per nulla spaventata dal titolo, anzi, confortata dal fatto che finalmente qualcuno si sia accorto di quanto noi madri siamo sole! Leggere che l’esperienza di fatica, insofferenza, paura, inadeguatezza non solo sono emozioni condivise da molte donne, ma sono anche “normali, umane, persino fisiologiche ha avuto per me un’importanza enorme. La seconda parte del libro riporta l’esperienza della maternità attraverso il percorso creativo dell’ arte terapia. Credo sia molto interessante leggere le molteplici esperienze emotive legate al materno attraverso questo strumento, così potente e così profondo.
Grazie Alida, in effetti alcune donne mi hanno detto che il titolo le inquietava un po’, altre che invece rappresenta bene uno stato d’animo diffuso. E sì, nel libro ho inserito anche alcune immagini perché a volte condensano e veicolano messaggi più di mille parole. Grazie Giuliana di questo spazio per far conoscere il libro, ma soprattutto per la possibilità di poter condividere su questo argomento. Sono convinta che più si può parlare della difficoltà che c’è nell’essere madri, più si può apprezzare appieno l’esperienza molto bella, di esserlo.
Marilde