“Ero nel mezzo della mia seconda Icsi, quando un amico davanti a un caffè del Bar Calderoni di Bologna mi chiese: “Perchè non butti giù un racconto su questa vicenda?“. Il 2009 stava finendo, alle spalle avevo 2 aborti naturali riusciti, una fecondazione artificiale fallita e un’altra nella fase del “questa volta ce la farò“, e in quel momento decisi di scrivere.
Così è nata la mia protagonista, una donna che ha quasi tutto (un compagno in gamba, un lavoro stimolante all’università e un certo fascino) ma non un figlio. Carla prova con i rapporti mirati nei giorni fertili, l’agopuntura, i fiori di bach, l’omeopatia, lo yoga, le tecniche di mentalizzazione, percorsi alternativi e strampalati, che, pur facendo a pugni con il suo cervello logico e ragionale, intraprende perchè con qualcuna hanno funzionato. Ma il figlio non arriva. E per una come lei, abituata a centrare l’obiettivo, il senso di fallimento brucia senza consumarsi.
Certa che la scienza saprà ripagarla di quello che la natura non è disposta a concederle, si rivolge alle tecniche di procreazione assistita. Invece i medici le sbattono in faccia che non esistono lifting alle ovaie e che a 39 anni e 2 mesi i risultati sono pochi. Mentre la mia seconda Icsi falliva e aspettavo di rimettermi in sesto per programmare la terza, il desiderio di Carla si trasforma in ossessione, diventando l’unico pensiero della giornata, la sola attività pulsante.
Ci sono figli cercati con un’ostinazione cristallina, perché il tarlo della loro assenza scava fino a occupare tutto lo spazio di una vita. ‘Dammi dei figli sennò muoio’, dice nella Bibbia Rachele, moglie di Giacobbe. Il suo grido, così forte e nitido, attraversa i secoli, accomuna le donne di tutti i tempi, di tutte le religioni, razze e culture.
Quando Carla comincia a frequentare il «. Il suo grido, così forte e nitido, attraversa i secoli, accomuna le donne di tutti i tempi, di tutte le religioni, razze e culture.
Quando Carla comincia a frequentare il «reparto cheap volume pills delle donne sbagliate» scopre un esercito vitale e disperato di donne come lei. Conosciute nelle sale d’aspetto o in chat. Un mondo fino a quel momento sconosciuto, eppure reale, anzi realissimo, sommerso ma vivo, poliedrico e sfaccettato, che mi chiedeva di essere raccontato. Una specie di grande famiglia, di rete carbonara invisibile a occhio nudo, che protegge e sostiene, che fa sentire meno sole e quindi un po’ meno “difettose“, cioè manchevoli, incapaci di realizzare il ruolo per il quale si dovrebbe essere «biologicamente programmate».
Perchè basta raccontare a qualcuno la propria esperienza per scoprire che c’è sempre la sorella di un’amica, l’amica di un’amica, la sorella di un’amica dell’amica che ha una storia simile. Si sta tutte in fila, mese dopo mese, per eseguire lo stesso rituale: gli ormoni, il pick-up, il transfer, l’attesa. Si conosce il proprio corpo e i suoi segnali con una precisione maniacale.
“Le difettose” non è un’autobiografia e non è neppure solo un romanzo sulla fecondazione assistita. È un libro che parla del mistero della vita, dei nostri desideri, della difficoltà di esaudirli, del perché li perseguiamo e pagando quali prezzi, perché li abbandoniamo. Parla di cosa significa sentirsi realizzati. Del perché la nostra volontà non basta a perseguire quello che ci prefiggiamo. Che rapporto instauriamo con quell’imponderabile che regola le nostre vicende e che possiamo chiamare sorte, destino, karma, Dio. O, come lo definivano i latini, fortuna.
Carla è costretta a fare un percorso di conoscenza: finché, cercando un figlio, finirà per trovare se stessa. E io la ringrazio. Il 31 marzo 2011 ho consegnato il romanzo all’Einaudi, nel mezzo della mia quarta (e ultima) Icsi. A metà aprile ho scoperto di essere incinta di 2 bimbi. Con gli interessi la vita mi ha ripagato 6 anni di un lungo, doloroso, magnifico viaggio.”