E’ un argomento che ho già trattato più volte, ma ci torno perchè ho appena finito di leggere “Cose che nessuno sa“, il secondo romanzo di Alessandro D’Avenia. Il primo, “Bianca come il latte rossa come il sangue“, parlava dell’adolescenza ed è stato un successo strepitoso. “Cose che nessuno sa” va ancora più nel profondo e tratta un argomento attuale, cioè l’assenza del padre, o la sua minima presenza, che è quasi la stessa cosa.
Trentaquattro anni, insegnante di lettere in un liceo di Milano, Alessandro D’Avenia in un’intervista racconta di una mail che ha ricevuto: «Una ragazza mi ha scritto che non vede l’ora di leggerlo perché ha un padre che torna a casa dal lavoro tardi, è sempre stanco, non parla, e appena trova un po’ di tempo va a curare un campo dove ha piantato degli olivi. Così lei si chiede se è meno importante di un pezzetto di terreno».
Io faccio parte di quella cerchia di mamme/lavoratrici/blogger che vorrebbero moltiplicare le ore della giornata per arrivare all’apice del multitasking. Sono anche una delle tante mogli che si sentono dire “Fai tutto quello che vuoi (vacanze, cene, organizzazioni varie del tempo della famiglia) … ma non contare su di me perchè lavoro e non riesco a prevedere a che ora tornerò stasera, figurati tra una settimana o un mese!” E questa frase, avvicinandosi il periodo delle ferie, vi assicuro che non fa piacere!
Mio marito è riuscito a “raggirare” anche le mie figlie che l’altro giorno mi hanno detto “Certo che almeno tu potresti arrivare presto alla sera. Papà non può perchè lui lavora!” Cosa rispondere?
A volte mi chiedo perché i padri non vanno ai colloqui a scuola. Credo che i padri non si rendano conto di quanto i ragazzi abbiano questo desiderio, questo bisogno. Dovreste vedere mia figlia com’è orgogliosa quelle rare volte che il papà assiste ad una sua “lezione aperta” o quando riesce ad accompagnarla a scuola. Glielo leggi in faccia che pensa: per mio padre oggi sono stata più importante io del suo lavoro!
Forse questa generazione di padri è la prima che ha rinunciato al compito di educare la successiva: educare nel senso di tirare fuori dai figli le potenzialità che hanno dentro, per aiutarli ad affrontare la vita.
«Oggi – racconta D’Avenia – i due profili dell’adolescente sono: o Narciso, o la totale disistima di sé. Sono due poli che dipendono entrambi dall’assenza di un padre. Se io oggi credo in me, non è perché sono presuntuoso, ma perché sono stato amato moltissimo. Innanzitutto dai miei genitori e poi da altri che si sono presi cura di me. Oggi è scomparsa la figura simbolica del padre, quello che rappresenta l’autorità, che dice ai figli che cosa devono fare senza aprire una trattativa. Il padre è quello che quando ti insegna ad andare in bicicletta, sta a qualche metro di distanza e ti dice “se hai bisogno, io sono qua, ma tu vai da solo”. Molti uomini oggi fanno cose che un tempo i padri non facevano, cambiano i pannolini e fanno i bagnetti e se devono insegnare al figlio ad andare in bicicletta, lo tengono per un braccio perché hanno paura che cada: ma così non si fa il padre, si fa la mamma-bis».
Parlando di padri assenti con la Dr.ssa Chiara Sozzi, Pedagogista e Terapeuta delle relazioni familiari dello Studio professionale 2013 Gate a Milano (http://www.2013gate.it/) e del nervosismo che assale le mamme che si sentono quotidianamente investite di mille responsabilità, riporto i suoi consigli per affrontare dignitosamente la situazione :
– mantenete l’equidistanza dal vittimismo e dall’aggresività,
– siate forti, assumendo la responsabilità ed il potere di mantenere un clima di armonia e rispetto in famiglia,
– siate sicure di voi stesse senza dipendere dalla conferma del compagno,
– cercate condivisione e conferme in quello che sentite dalle altre donne, possibilmente con uno scambio costruttivo, non solo denigratorio,
– capite che la scelta è “prendere o lasciare”. Potete chiudere la relazione, se vi fa star male, se pensate che sarebbe più sano per voi e i vostri figli.
– se amate i vostri mariti rispettate le loro difficoltà, anche solo ad ammettere la propria incapacità di esserci.
I vostri figli vi saranno grati. Il messaggio arriverà ai papà in modo rispettoso e quindi più accettabile. Chissà, se vi relazionate ai compagni con l’amorevolezza di chi si sente forte, magari potreste avere una chance …
io credo che una buona percentuale di colpa, anche se difficilmente quantificabile, sia delle mamme. le mamme che hanno così paura di sbagliare con i figli che escludono il consorte giudicandolo incapace di cambiare un pannolino e lo escludono sempre di più, sempre di più… finché loro rivoltano la frittata ed escono chiudendo piano la porta. nella mia esperienza sto facendo del mio meglio per coinvolgere mio marito nell’accudimento di mia figlia e lui è gratificato dal fatto di vedersi ogni tanto preferito alla mamma, per la nanna o per il bagnetto. certo non è sempre tutto facile, lui sbuffa e ogni tanto mi sembra geloso come un fratellino maggiore. ma penso che l’unica strada per tornare ad avere dei papa’ sia farli entrare nella genitorialità, e penso che tutto il tam tam sulla “maternità onnipotente” e gli uomini naturalmente esclusi dalla simbiosi con il figlio, che piace a un certo tipo di conservatori e a un certo tipo di femminismo, abbia fatto grandi danni.
Hai ragione riguardo a certe “talebane” della maternità, ma devo ricordarti che tanti uomini sono solo felici di potersi defilare di fronte ai loro compiti…
”Molti uomini oggi fanno cose che un tempo i padri non facevano, cambiano i pannolini e fanno i bagnetti e se devono insegnare al figlio ad andare in bicicletta, lo tengono per un braccio perché hanno paura che cada: ma così non si fa il padre, si fa la mamma-bis».
Anche andare ai colloqui con le maestre e gli insegnanti è qualcosa di mai fatto prima ed equivale a fare la mamma-bis. Vedete di mettervi un poco d’accordo su quello che volete.
Credo che con questa frase lo scrittore volesse dire che non esiste più la figura del padre “autoritario”, non da intendere come severità assoluta, ma come persona dalla quale apprendere la disciplina e non solo sostituto/fotocopia della mamma.
Invece io credo che il problema sia globale: nel momento in cui la società nel suo complesso ma in modo particolare qualche opinionista tipo qualche sciagurato pediatra di cui ora mi sfugge il nome, dice che è INDISPENSABILE la presenza materna nei primi tre anni di vita, che poi è il condensato della maternità onnipotente, l’uomo secondo me si sente prima escluso e geloso, poi inizia a vedere i lati positivi. Del tipo: ciao cara, goditi la serata con il pupattolino, io me ne vado a bere un cocktail con gli amici. Ma i semi del danno sono stati messi prima. E’ impossibile chiedere a un uomo di educare i figli se per anni gli hai detto che non è capace di starci insieme.