La Life Coach torinese Carla Malinverni nei post precedenti, ha parlato di alcuni elementi di coaching utili per fronteggiare le difficoltà quotidiane a cui le mamme sono esposte: come esprimere richieste, in che modo accogliere le opinioni altrui, come manifestare il proprio dissenso in modo non conflittuale.
Oggi parleremo dell’importanza dell’atteggiamento mentale, ovvero della formulazione dei nostri pensieri e di come cambiare prospettiva per raggiungere gli obiettivi che desideriamo!
Vi siete mai ritrovate a pensare ‘è troppo stancante’, ‘non ce la posso fare’, ‘ci sono troppe cose da fare’? In coaching, questi vengono detti ‘giudizi di impossibilità’. Siete pronte a fronteggiare i giudizi di impossibilità, passando dalla visione di ‘vittima delle circostanze’ alla visione di ‘persona che riflette e di conseguenza agisce’, cioè come persona responsabile e quindi capace di rispondere alla situazione per come si presenta? Se sì, chiedetevi spesso e volentieri:
– ‘che cosa posso fare?’
– ‘quando lo farò?’
– ‘come mi organizzo?’
– ‘che cosa posso delegare?’
– ‘a chi posso chiedere aiuto?’
Rispondere a queste domande e mettere in pratica le risposte che vi siete date, servirà per occuparvi della situazione e per porre fine o almeno ridimensionare la ‘pre-occupazione’. Preoccuparsi delle situazioni significa tentare invano di prendere delle decisioni in un momento inadatto, prematuro, in cui ancora la situazione non è definita ed è solo ipotizzabile (spesso e volentieri le nostre ipotesi sono catastrofiche!). Occuparsene significa agire al momento giusto, quando abbiamo tutti gli elementi per poter fare delle scelte consapevoli.
Un passo importante verso la responsabilità è quello di riformulare su se stesse ogni problema vi si presenti. Solo se ci sentiamo parte di un problema potremo agire al fine di risolverlo. Finché il problema starà fuori di noi, potremo solo attendere che le cose o le persone cambino e non è detto che ciò accada; ci troviamo in questo caso in una situazione ‘chiusa’, senza possibilità di azione, dove il massimo che ci è concesso è di lamentarci.
Vi faccio un esempio: ‘mio marito non ascolta quello che dico e torna a casa senza le cose che gli ho detto di comperare’. In quest’ottica, il problema sta in vostro marito, cattivo ascoltatore e non avete alcun margine di azione, se non sperare che lui cambi. Se rielaborate il problema secondo il vostro punto di vista, secondo quello che sentite voi, cioè ‘io sono davvero dispiaciuta e arrabbiata che mio marito non mi ascolti e non ritenga importante aiutarmi con la spesa’, la stessa situazione ora è declinata come un vostro problema (il problema non è più vostro marito, ma è il vostro dispiacere e la vostra arrabbiatura!). Ora la situazione si apre a molte possibilità e potrete chiedervi ‘che cosa posso fare io?’, ‘che cosa voglio ottenere per me?’ e, dopo aver risposto a queste domande, passare all’azione che riterrete opportuna (ad esempio: parlare a vostro marito, delegare la spesa ad altri, decidere di occuparvi della spesa e dare a vostro marito altri incarichi….). So che questo allenamento linguistico vi possa parere sterile e non lo è -ve l’assicuro- in quanto capovolge il punto di vista sulla situazione, permettendovi azioni diverse dalla lamentazione fine a se stessa!
La prossima volta che vi troverete a pensare o a dire ‘mia suocera è invadente!’, sostituite il pensiero con ‘io sento che casa nostra è invasa dalla presenza di mia suocera’, così potrete chiederle in buon modo di citofonare prima di piombare nell’appartamento aprendo col doppione delle chiavi!
Siete pronte a cambiare punto di vista sul problema e ad esprimere il vostro? Pensate che potrebbe esservi utile?