Si definisce preadolescenza la fascia di età che va tra i 9 e i 12 anni ed è un periodo di “mutamento” dei nostri figli che coinvolge le relazioni con i coetanei, la propria posizione nella società, lo sviluppo del proprio corpo, una certa autonomia emotiva dai genitori e la scoperta dei valori. Tutto questo, come ogni fase dell’età evolutiva, comporta impegno, stress e fatica sia al bambino, sia ai genitori.
Se quando torni a casa i tuoi figli, al posto di guardarti come se fosse arrivata una Winx o un Super Eroe, ti danno un’occhiata sprezzante, quasi infastidita … ecco, ci sei dentro fino al collo! Il segreto, come vi spiegherò nei prossimi passi, è fermezza ed elasticità, insieme a tolleranza e capacità di ascoltare.
I ragazzi iniziano a rendersi conto che i genitori non sono quegli esseri onnipotenti percepiti da bambino e li mettono in discussione. Mamma e papà, disorientati di fronte a questo nuovo atteggiamento dei figli, spesso tendono ad interpretare il comportamento come un vero e proprio attacco personale nei loro confronti, non riuscendo a considerarlo come un percorso naturale di distacco, che porta alla crescita. Percorso che avviene proprio allontanandosi e riavvicinandosi ai genitori.
Noi genitori dovremmo tollerare gli atteggiamenti provocatori e sfidanti del preadolescente, sicuri di rappresentare sempre per il figlio un punto di riferimento. In fondo, questa la situazione l’abbiamo già vissuta quando nostro figlio, cominciando a camminare, si allontanava da noi per poi tornare di nuovo nella ricerca della sicurezza necessaria a permettergli una nuova esplorazione. Il legame genitoriale solido consente al bambino di esplorare il mondo circostante senza paure.
L’eccesso di libertà e autonomia, però, non sembra rappresentare, così come la durezza e l’autoritarismo, una strategia educativa vincente, visto che il preadolescente va, comunque, contenuto ed orientato. Bisogna mantenere fermezza ed elasticità. Fermezza che non va confusa con rigidità: essere genitori fermi significa dare regole chiare e coerenti (possibilmente in accordo tra i genitori), manifestando anche una certa elasticità nell’applicazione ed essendo talvolta capaci di rinegoziarle. Non significa lasciar fare al figlio qualsiasi cosa, ma concedere piccole deroghe alle regole ed essere disponibili ad ascoltare le richieste del preadolescente. In tal modo, i genitori continueranno a rappresentare un riferimento importante, sicuro e stabile, i cui insegnamenti e valori guideranno le sue scelte ed i suoi comportamenti.
Qual è dunque il senso del conflitto? È la via necessaria per creare la propria individualità rispetto ai genitori. È importante consentire al figlio l’esperienza del dissenso e del conflitto.
In conclusione, per affrontare l’epoca preadolescenziale dei nostri figli, è necessario essere tolleranti, saper ascoltare ed accettare i cambiamenti nella relazione genitori/figlio. Ciò che deve arrivare al ragazzo è la certezza di essere amato, di essere benvoluto. Evitare giudizi, critiche dirette e richieste di essere “perfetti” o diversi, implica la consapevolezza che anche noi adulti possiamo sbagliare e che l’errore non rappresenta una rottura, ma un’occasione di confronto verso una crescita comune.
È importante, da parte di mamma e papà, offrire del tempo riservato solo per lui per aiutarlo ad esprimere le sue emozioni e le sue sensazioni. Ad esempio“In quella situazione (a scuola o con gli amici) cosa hai pensato? Cosa hai provato? Come ti sei sentito?”, invece di “cosa hai fatto, come sei andato a scuola? che voto hai preso? perché hai preso la nota??”. Se il ragazzo si sentirà compreso per ciò che esprime, saprà tollerare meglio la critica e le frustrazioni, manifestando sicurezza e stabilità interiore.
Pensiamo a quando eravamo adolescenti noi, a quanto abbiamo fatto “impazzire” i nostri genitori con richieste e pretese assurde. Lo so, erano altre generazioni e c’era maggiore disciplina da parte dei figli, ma secondo me (dotati di tanta pazienza) saremo capaci anche noi di farli crescere nel modo migliore!