Nella giornata mondiale per la sicurezza in rete, il 6 febbraio, dopo averne sentito parlare e letto ovunque, ci siamo resi conto che la gestione dei social ci sta scappando di mano.
In Italia i social sarebbero vietati a chi ha meno di 14 anni e consentiti a 13 anni, solo di fianco a un genitore. In Florida li hanno messi al bando per chi ha meno di 16 anni e il sindaco di New York li ritiene pericolosi al pari del fumo e delle armi.
Jannik Sinner, campione di tennis di 22 anni, ha detto: «I social non mi piacciono, non è lì la verità, ai ragazzi consiglio di stare attenti».
Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, al Congresso degli Stati Uniti ha chiesto scusa ai genitori dei teenagers dipendenti dai social e vittime di abusi sessuali, e suicidi. Bullizzati, offesi, umiliati, o morti per avere accettato una “challenge”.
Alessandra Amoroso, cantante in gara al Festival di Sanremo, ha dichiarato in conferenza stampa di essere stata sopraffatta dopo 15 anni di carriera, travolta da una valanga di odio e da minacce di morte quotidiane.
Uno studio della Royal Society for Public Health sui ragazzi tra i 16 e i 24 anni stabilisce una correlazione diretta tra depressione, disturbi alimentari, insonnia, ansia e percezione distorta del proprio corpo e l’uso dei social.
Secondo i dati dell’Osservatorio Bullismo e Cyberbullismo del Ministero dell’Istruzione, il 9% delle vittime da adescamento in rete ha meno di 10 anni ed un adolescente su cinque è stato vittima di bullismo, ma meno del 3% dei giovani lo denuncia o ne parla con un adulto. Con i social, il bullismo di gruppo viene fotografato e documentato, diventando cyberbullismo e raggiungendo non solo chi fa parte della tua classe, scuola, quartiere, ma città, regione, nazione e oltre.
I bulli attaccano per l’aspetto fisico, l’orientamento sessuale, le origini, la disabilità e la fascia più colpita è quella degli adolescenti tra gli 11 e i 16 anni, che può essere intercettata in qualsiasi ora della giornata, anche quando è a casa, tramite un WhatsApp o una chat. I bulli si nascondono dietro a uno schermo, non vedendo il male che stanno facendo e non si sentono colpevoli, né responsabili dei danni che causano.
La forma di bullismo più presente tra le ragazze è l’esclusione, che si accentua on line se si pubblica una foto denigratoria. Nove ragazze su dieci che utilizzano TikTok o Instagram si ritengono insoddisfatte del proprio corpo e sette su dieci sono pronte a ricorrere alla chirurgia estetica per modificare il proprio aspetto.
La “FoMO” (Fear of Missing Out), paura di essere esclusi spiega quell’ansia sociale che non fa staccare i ragazzi dalla Rete per paura di rimanere fuori da quello che succede, senza capire che più si sta attaccati ad uno schermo e più si è realmente fuori dal mondo!
Bisogna sottolineare che il COVID ha amplificato l’utilizzo di questi canali da parte dei nostri figli e che ha anche dato dei risultati positivi in termini di supporto emotivo, costruzione di una comunità o relazioni nel mondo reale. Ma al momento i lati negativi superano quelli positivi.
Cosa fare per limitarne l’uso? Coinvolgere i ragazzi in attività manuali, in modo che si stacchino dai cellulari? Far riscoprire loro l’importanza del rapporto diretto con i loro coetanei e non solo via chat o messaggi vocali, magari coinvolgendoli in gruppi sportivi o nel volontariato? Si accettano consigli e suggerimenti, nella speranza che l’intelligenza artificiale non peggiori ulteriormente la situazione.